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Ricostruzione del naso

La prima segnalazione di interventi chirurgici plastici è quella contenuta nel papiro di Smith che risale circa al 3000 a.C. Ma bisogna attendere altri 1800 anni per trovare una descrizione scritta di una tecnica chirurgica ricostruttiva, ci riferiamo a quella contenuta nei Codici Veda in India del 1200 a.C. .

 

Perchè le prime e più concrete descrizioni di ricostruzioni del naso sono contenute nei codici Veda, ritrovati in India (1200-800 a.C.)?

 

Perché la legge indiana dell’epoca prevedeva come pena l’amputazione del naso ai condannati di furto ed adulterio; veniva descritto l’uso di un lembo di cute ruotato dalla fronte a fini riparativi. Tale soluzione, ancora oggi valida con qualche perfezionamento, è conosciuta come neorinoplastica secondo il metodo indiano.

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Gaspare Tagliacozzi il padre della della Chirurgia dei Lembi

Ma è nel 1597 d.C. che Gaspare Tagliacozzi, professore di anatomia a Bologna, descrisse minuziosamente il metodo di ricostruzione del naso usando un lembo di cute trasferito dal braccio con una serie di operazioni (neorinoplastica secondo il metodo italiano). Questi lo espose in un trattato "De curtorum chirurgia per insitionem" (Chirurgia delle mutilazioni per mezzo di innesti), pubblicato a Venezia nel 1597, che costituisce la prima descrizione tecnicamente valida e completa di un intervento di chirurgia plastica ed è considerato l’opera basilare di questa disciplina.  Si può quindi collocare in quella epoca la vera nascita della chirurgia plastica. 

Rinopoiesi ricostruzione del naso

Il timore di determinare deformità è stata la principale causa di recidive nel trattamento oncologico delle lesione localizzate al naso. La preoccupazione di creare dei difetti nasali ha spesso portato ad un trattamento incompleto della lesione, non oncologicamente radicale. Di conseguenza è ovvio che la riparazione del difetto, cioè la ricostruzione di un profilo accettabile dal punto di vista funzionale ed estetico, costituisce una parte integrale del trattamento del paziente. Fortunatamente grazie a metodi moderni può garantirsi al paziente, nella maggior parte dei casi, una soddisfacente ricostruzione. 

 

Figura 5 - Scheletro osteocartilagineo del naso28 

da Atlante di Anatomia Umana Frank Netter ELSEVIER

 

 

In questa sede sono particolarmente frequenti il carcinoma a cellule basali ed il carcinoma a cellule squamose che vengono all’osservazione del medico in dimensioni ancora piccole a causa della loro evidente posizione; infatti sono in netta diminuzione, tanto da diventare rari, i tumori molto estesi che richiedono per il loro trattamento una chirurgia radicale e perciò sfigurante.

Nel trattamento di qualsiasi tumore la prima considerazione è la cura della malattia ed i vantaggi di una resezione tempestiva non devono essere perduti nel tentativo di evitare esiti deturpanti mediante resezioni parziali con stretti margini di sicurezza o con l’evitare escissioni a tutto spessore.

La procedura di ricostruzione dipende dal tipo di difetto risultante dall’asportazione della lesione maligna. Tale difetto può coinvolgere solo la cute, nelle lesioni superficiali ed una riparazione soddisfacente può essere effettuata tramite l’utilizzazione di un innesto cutaneo, preferibilmente a tutto spessore prelevato dalla regione retroauricolare o sopraclaveare. I lembi locali sono facilmente ottenibili dai tessuti adiacenti nei pazienti anziani od obesi, in cui i tessuti molli rilassati rendono disponibile una maggiore quantità di tessuto.

I difetti del naso a tutto spessore di dimensioni variabili dalla perdita di un’ala alla distruzione totale del naso, sono riparati utilizzando le molteplici tecniche di neorinoplastica parziale, sub-totale e totale, con l’importante differenza che quest’ultime necessitano, anche del rivestimento interno e dei tessuti di sostegno osteo-cartilagineo.

Neorinoplastica parziale

 

 

Sempre più frequentemente un soggetto che nota una piccola neoformazione al naso, sede altamente evidente, si sottopone ad una visita specialistica, la quale fornisce una preziosa diagnosi; infatti il numero di diagnosi precoci incrementa ogni anno, ciò è la spiegazione della costante diminuzione all’indicazione di interventi demolitivi di vaste neoplasie infiltranti, e quindi anche l’intervento di ricostruzione totale del naso (neorinoplastica totale post-oncologica) è sempre più di raro riscontro. Il naso, la più prominente unità del viso, è convenzionalmente diviso in “subunità estetiche”: regione della glabella e del canto mediale, dorso (regione mediana e regioni laterali), punta, ali e columella. Dopo l’exeresi della lesione maligna si deve riparare la perdita di sostanza secondaria che in base alla localizzazione  produrrà un deficit di una o più subunità estetiche.

 

 

Tabella 2 -Classificazione delle p.d.s. e della ricostruzione delle subunità del naso.

 

 

 

Perdite di sostanza della porzione superiore della piramide nasale 

 

 

Quando è necessario riparare un deficit tissutale della porzione superiore della piramide nasale varie tecniche sono a disposizione del chirurgo, ma sarà la profondità della perdita di sostanza, la buona vascolarizzazione e disponibilità dei tessuti adiacenti a far optare per l’una o l’atra tecnica:

Innesti cutanei per modeste perdite di sostanza superficiali

Lembo glabellare per la ricostruzione del canto mediale

Lembo genieno d’avanzamento per perdite di sostanza del dorso del naso 

Lembo frontale ad isola con peduncolo sottocutaneo.

 

La procedura di scelta per piccoli difetti superficiali è la chiusura della perdita di sostanza con un innesto cutaneo a tutto spessore prelevato dalla regione retroauricolare o sopraclaveare, aree che posseggono caratteristiche simili alla cute del viso. Si asporta l’intera area retroauricolare dal bordo dell’elice alla linea dei capelli e si sutura ai lembi del difetto sulla piramide nasale, poi si copre con medicazione, non necessariamente compressiva, che viene mantenuta in sede mediante il sostegno di un supporto di resina. Il procedimento risulta relativamente semplice e dà luogo, in genere, ad esiti positivi in condizioni favorevoli con un breve tempo di degenza e convalescenza.

Quando i difetti sono più in profondità, l’innesto cutaneo non fornisce una riparazione soddisfacente, per esempio su cartilagine e osso scoperto, quindi è necessario un lembo di cute locale.

Il lembo glabellare ben si presta a questo scopo, esso può essere trasferito secondo tre modalità: come un lembo di rotazione, come un lembo mediano di trasposizione (finger flap) e come un lembo ad isola (glabellar island flap)30.

Il lembo glabellare classico consiste in un lembo di rotazione a peduncolo inferiore che incorpora un lembo di avanzamento V-Y  alla radice del naso. La lesione viene resecata in maniera triangolare, poi il lembo, disegnato a “V” capovolta, viene sollevato e scollato dal piano muscolare glabellare e trasferito con un movimento di rotazione sul deficit primario. Il difetto della regione donatrice glabellare è facilmente suturato mediante accostamento diretto dei margini. 

Pur tuttavia, a tale procedura si preferisce la tecnica del lembo mediano di trasposizione meglio conosciuto come finger flap. Questo lembo, per la sua grande versatilità, risulta il metodo di scelta per la ricostruzione del canto mediale. Esso consta nell’allestimento di un lembo mediano in regione glabellare con peduncolo inferiore di dimensioni proporzionali alla lesione da colmare che poi si traspone facilmente a rivestire la perdita di sostanza, infine il difetto secondario viene suturato agevolmente (Fig. 1). Il risultato estetico è abitualmente eccellente, anche quando si richieda la contemporanea ricostruzione della porzione mediale della palpebra superiore o inferiore, con il solo accorgimento però, di incidere il lembo in modo da creare una biforcazione che abbia un ramo più lungo ed esteso che andrà a coprire poi il difetto palpebrale.

I difetti cutanei della parete laterale del dorso del naso si possono riparare con il lembo genieno d’avanzamento (lembo 1-2 secondo Converse, 1964). Tale lembo cutaneo viene scolpito eseguendo due incisioni, una nel solco naso-labiale ed un’altra attraverso la piega più distale della palpebra inferiore (Fig. 7,A), poi viene distaccato dal tessuto sottocutaneo sottostante ed avanzato al di sopra del difetto nasale (Fig. 7,B). Se si rende necessario ripristinare l’angolo tra la base della parete laterale e la guancia, in una seconda fase, circa 3 settimane dopo il primo intervento, il medesimo lembo viene disposto alla base della parete laterale del naso ed il difetto che deriva dalla dieresi dei tessuti mediale e laterale è coperto da un innesto di cute a tutto spessore retroauricolare o sopraclaveare (Fig. 7,C). Questa tecnica è indicata nei pazienti anziani per la lassità dei tessuti genieni che facilita l’avanzamento del lembo senza che si creino tensioni sul lembo, mentre è controindicata nei soggetti giovani.

Per la riparazione di grandi difetti del dorso del naso con esposizione delle ossa nasali, è preferibile utilizzare il lembo frontale ad isola (island flap) che assicura un adeguato ripristino del profilo, privo di depressioni inestetiche. Un lembo di lunghezza opportuna alle dimensioni del difetto da ricoprire, viene disegnato sulla faccia mediana della cute frontale irrorata dai vasi trocleari (Fig. 8,A). La cute, una volta incisa a tutto spessore lungo il margine del lembo disegnato e separata dal tessuto circostante, viene scollata superficialmente verso il basso a livello della glabella e del dorso del naso fino al difetto nasale (Fig. 8,B). Viene preparato il peduncolo sottocutaneo sollevando il tessuto sottocutaneo dall’osso frontale sì da includervi i vasi, che sono tutelati dalla dissezione per via smussa. Il lembo ad isola ed il peduncolo sottocutaneo, grazie alla loro estrema maneggevolezza, vengono mobilizzati e ruotati di 180° passando attraverso il tunnel sottocutaneo della glabella verso il difetto (Fig. 8,D). I margini dell’isola di cute vengono suturati ai margini del difetto, mentre la semplice approssimazione diretta dei margini del difetto secondario della zona donatrice è facilitata dal sollevamento dei margini del difetto frontale mediano (Fig. 9).

Questo particolare tipo di lembo a vascolarizzazione sottocutanea causale trova indicazione quasi esclusivamente nel viso, dove l’estrema ricchezza della rete vascolare ne consente un impiego sicuro. Le caratteristiche di questo speciale lembo si adattano perfettamente alle necessità del chirurgo, in quanto fornisce una maggiore mobilità rispetto ad altri tipi di lembi frontali, grazie al peduncolo sottocutaneo che ruota facilmente, e così il lembo di cute si adatta meglio all’area ricevente. Inoltre il flusso venoso e linfatico non si interrompe ed il lembo permane liscio e piatto nella sua nuova sede (eccezion fatta per la fisiologica congestione postoperatoria che regredisce spontaneamente dopo circa 48 ore dall’intervento) ed infine, ma non per questo di minor importanza, con tale sistema è possibile effettuare l’intervento in un unico tempo operatorio. 

L’unico svantaggio di tale tecnica è la sporgenza che potrebbe residuare alla radice del naso in seguito alla presenza del peduncolo sottocutaneo. Tuttavia se dopo circa 6 mesi non si verifica una regressione spontanea si potrebbe prendere in considerazione di eseguire un’escissione secondaria del peduncolo sporgente, ripristinando il naturale angolo nasofrontale. 

 

 

 

Perdite di sostanza della porzione inferiore del naso

 

La particolare importanza che posseggono le subunità distali della piramide nasale per l’armonia complessiva del viso ha spronato il chirurgo a ricercare la più vantaggiosa tecnica per la ricostruzione della punta, delle ala o della columella, che di frequente sono infiltrate dagli epiteliomi. Per piccoli difetti il semplice lembo di Banner (Masson & Mendelson 1977)risulta molto soddisfacente, pur tuttavia in qualche caso il lembo romboidale o di Limberg può potare a soluzioni più apprezzabili. Nei casi di deficit estesi il lembo bilobato è spesso una scelta quasi obbligata.

Il lembo di Banner sfrutta la lassità trasversale della cute per riparare piccole perdite di sostanza. Virtualmente è un piccolo finger flap, infatti esso si compone di un breve lembo di trasposizione a peduncolo inferiore che ripara il vicino deficit laterale del naso (Fig. 10).

 

Un’affrettata considerazione può fa credere che non sia sufficiente la cute utilizzabile per allestire il lembo romboidale o di Limberg che però risulta essere di grande utilità in alcune condizioni. L’escissione della neoplasia deve essere conclusa creando una perdita di sostanza a forma di rombo, poi ,una volta disegnato, si eleva il lembo scollandolo dal sottocute e trasponendolo a 90° sul difetto post-escissionale che così verrà chiuso, infine il sito donatore sarà chiuso per via diretta (Fig. 11).

 

Figura. 11 – Lembo romboidale30.

          

Il lembo bilobato (Fig. 12) è il metodo di scelta per difetti di grandi dimensioni; in questo caso infatti le zone donatrici sono due, proprio perché il lembo da ruotare assume dimensioni tali da non potersene colmare l’area donatrice per scorrimento dei margini, quindi, a questo scopo, si utilizza un secondo lembo che distribuisce le forze di trazione e suddividendole permetterà la sutura diretta dei margini. Viene utilizzato con sicurezza ed affidabilità anche nella ricostruzione della punta del naso.

 

Figura 12– Lembo bilobato30.

   

 

Infine un lembo di facile e celere allestimento è il lembo nasolabiale (Fig. 13), che può essere agevolmente utilizzato per riparare sia deficit del margine alare e dell’ala in toto, sia della parete laterale della piramide nasale, soprattutto nei pazienti anziani per la lassità dei tessuti molli. Il lembo può essere scolpito con peduncolo sia superiore che inferiore; ma gode di maggiore mobilità il lembo nasolabiale ad isola (island nasolabial flap) che si ottiene laddove si isoli il peduncolo sottocutaneo e si crei il tunnel sottocutaneo per la trasposizione. Il solco naso-labiale rappresenta il punto di passaggio tra la cute del labbro, molto aderente, e quella della guancia, più lassa, che verrà scollata permettendo al lembo di essere suturato nella nuova sede. La cicatrice della zona donatrice cadrà perfettamente nel solco nasolabiale minimizzandosi e rendendosi quasi del tutto invisibile; accettabile è anche la cicatrice del difetto primario sull’ala che verrà così riparata. Nei pazienti di sesso maschile il solco naso-labiale delimita altresì l’area labiale -provvista di barba- da quella geniena glabra, quindi sarà categorico prelevare il tessuto al di sopra del solco stesso per ottenere cute priva degli annessi piliferi.

 

Figura 13 – Lembo nasolabiale32.

 

 

Nella ricostruzione della punta del naso è disponibile anche una tecnica in due tempi che utilizza sempre il pratico lembo nasolabiale. Esso, una volta scolpito, viene trasferito sull’area cruenta della punta, dove ne viene suturata solo la sua porzione distale; la porzione prossimale del lembo non viene unita con la cute della regione ricevente, in quanto serve unicamente da peduncolo nutritizio al segmento terminale. Solo in un secondo tempo (circa 10-14 giorni dopo) si procede alla divisione del lembo a questo punto già traslocato; la parte distale, ormai connessa con la cute della punta del naso, viene dissociata dal segmento prossimale del lembo che verrà riposizionato nella sua sede d’origine, il solco nasolabiale, suturando per semplice accostamento dei margini.

 

 

Neorinoplastica sub-totale

 

 

 

Indubbiamente nella ricostruzione sub-totale del naso corre in aiuto del chirurgo plastico la recente tecnica dell’espansione tissutale associata all’utilizzo del lembo frontale, ma se si necessita di una ricostruzione totale, va da sé che la tecnica risulta più indaginosa in quanto occorre anche un sostegno osteo-cartilagineo su cui posare i lembi cutanei ed eventuali innesti compositi.

Molteplici sono i lembi frontali che si sono succeduti con alterna fortuna nel corso del tempo: mediano, obliquo, dello scalpo secondo Converse32, mediano a forma di gabbiano secondo Millard, ecc. Quando si deve eseguire una rinoplastica sub-totale, per la praticità della tecnica, spesso si preferisce allestire il lembo frontale obliquo o diagonale con peduncolo inferiore che parte dalla regione sopraccigliare. Esso assicura la copertura delle aree cruente del naso, presupponendo però la presenza di integre strutture di supporto.

Nelle neorinoplastiche totali, al momento più rare, più complessi sono i fattori che intervengono nella scelta del lembo e delle procedure da utilizzare. 

La tecnica dell’espansione tessutale ha permesso di migliorare i risultati morfo-funzionali ed estetici anche nelle situazioni più delicate, e si compone di due tempi chirurgici33.

In un primo momento, si pratica un’incisione trasversale del cuoio capelluto attraverso la quale viene inserito un largo l’espansore (tissue-expander da 400-600 cm3) che verrà collocato nello spazio sub-galelale a livello della fronte, poi si chiude comodamente la ferita chirurgica nascosta e se ne attende la cicatrizzazione; dopo un adeguato lasso di tempo l’espansore viene riempito gradatamente e periodicamente con soluzione fisiologica attraverso un’apposita valvola per un periodo di 4-6 settimane, fino ad raggiungere una iper-espansione (600-800 cm3). In questo arco di tempo, la superficie cutanea aumenta proporzionalmente all’aumento di volume indotto dal graduale riempimento dell’espansore, che determina sia la distensione delle fibre elastiche sia un’autentica proliferazione dei tessuti. Con questo sistema si riesce ad ottenere un’importante quantità di cute neo-formata che può essere impiegata non solo per la ricostruzione del naso ma anche per la sicura chiusura diretta del deficit secondario della zona donatrice; inoltre l’aumentata vascolarizzazione del lembo frontale espanso rende possibile un ampio trasferimento di tessuto peduncolato su una piccola base.

Il secondo tempo operatorio consta nella rimozione dell’espansore cutaneo e nell’allestimento e rotazione del  grande lembo frontale basato sui vasi sopra-orbitali e sopra-trocleari, seguendo la tecnica di Converse (1942), altresì nell’inserimento di un sostegno al lembo stesso per definirne la tridimensionalità, senza trascurare che la buona vascolarizzazione del lembo espanso salvaguardia e migliora la per fusione degli eventuali innesti cartilaginei ed ossei.  

Indi è sempre necessario nelle neorinoplastiche totali preparare un supporto osteo-cartilagineo; a questo scopo si può collocare un sostegno osseo costituito da un innesto a mensola secondo Millard (1966) (prelevato dalle coste) inserito in un incavo dell’osso frontale e addossato su di un fulcro osseo precedentemente sistemato, quasi ad incastro, alla radice del naso, che poi viene fissato (mediante fili d’acciaio inossidabile) al mascellare. Oggi tuttavia si preferisce utilizzare l’innesto a mensola prelevato dall’osso frontale secondo Jackson (1983) quando si scolla il lembo frontale. by MOCCIA LUIGI STEFANO

 

 

L’alternativa a tale metodica, invece sfrutta l’integrità del setto nasale, conservato anche dopo le più demolitive escissioni. Quest’ultimo viene tagliato a forma di “L” e separato dal solco del vomere sì da ottenere il lembo cartilagineo del setto secondo Millard, che poi viene avanzato su un peduncolo superiore. Infine la base del segmento a guisa di “L” del setto viene inserita e fissata sulla spina nasale. Il rivestimento interno può essere fornito da un innesto cutaneo a medio spessore, così da non lasciare aree cruente.

 

Figura 15 – Lembo condromucoso del setto nasale secondo Millard 32

    

 

In queste condizioni la ricostruzione della columella e delle ali può essere assolta dal ripiegamento dell’estremità distale del lembo cutaneo frontale (secondo Converse) che viene giustapposto con i lembi locali residui del naso che vengono a loro volta ripiegati per fornire il rivestimento interno del neo-columella e delle neo-ali.

 

 

 

Figura 16– Tecnica del ripiegamento dell’estremità distale del lembo per riprodurre la punta, columella e ali 32.

 

        

 

Un seconda procedura per la ricostruzione della columella e delle ali prevede che venga prelevato un innesto composito (cute e cartilagine), preferibilmente dall’orecchio (secondo Konig). L’innesto costituito dalla parte postero-superiore dell’orecchio, una volta isolato e totalmente asportato, viene suturato ai margini del difetto mentre lo strato interno della cute viene approssimato direttamente alla mucosa nasale. Gli innesti guariscono in modo soddisfacente ed anche il difetto secondario della sede donatrice dell’orecchio viene sanato dopo l’agevole sutura per approssimazione diretta.

 

Figura 17– Tecnica dell’innesto composito auricolare per la riparazione del difetto alare.

 

 

Una modifica della tecnica di Konig consiste nell’incidere il bordo alare al di sopra del suo margine, incidendo l’ala a tutto spessore così da retrarlo in basso; l’innesto auricolare composito viene suturato nel difetto che ne deriva ricevendo quindi il nutrimento dall’intera circonferenza dell’innesto (Kanzjian e Converse). 

 

Figura 18– Ricostruzione bordo dell’ala con innesto composito auricolare.

 

Non raramente è richiesto un intervento di ritocco dopo tempi adeguati (non prima di quattro mesi) per asportare l’eventuale eccesso di tessuto sottocutaneo (sgrassamento) o la correzione di piccole depressioni.

Un menzione particolare va fatta per il lembo all’indiana che viene allestito nella regione frontale e con peduncolo in corrispondenza della glabella e ruotato a ricostruire il naso; nonché una pietra miliare della chirurgia plastica ricostruttiva, vale a dire il lembo autonomizzato tubulato brachio-nasale alla Tagliacozzi o all’italiana allestito sulla superficie anteromediale del braccio che veniva in seguito avvicinato alla zona ricevente per ricostruire la piramide nasale, nei casi in cui la fronte non sia utilizzabile come area donatrice.

 

 

 

 


Ricostruzione microchirurgica del naso

 

 

Attualmente una opzione molto interessante nei casi in cui si necessità di una ricostruzione totale del naso è l'utilizzo di un lembo prefabbricato che poi viene trasferito con il proprio peduncolo vascolare sul viso dove viene anastomizzato con tecnica microchirurgica.

La tenica prevede un primo tempo in cui si pre-fabbrica sulla regione donatrice, molto utilizzata la regione volare dell'avambraccio IIImediodistale, l'architettura del naso con innesti cartilaginei e ossei che vengono inseriti nel sottocute che viene rimodellato con dei lembi locali a formare la punta del naso ed il dorso.

A distanza di 20 giorni si allestisce un lembo fasciocutaneo che comprende la struttura prefabbricata che  viene trasferito microchirurgicamente sul viso. La copertura interna è data da un lembo di cute ribaltato così da stoffare le pareti interne del neonaso oppure da un innsto cutaneo I.D.E.

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Società Italiana di Microchirurgia
Società Italiana di Chirurgia della Mano
Dott. Moccia Luigi Stefano Ordine dei Medici - Chirurghi e Odontoiatri di Napoli e Provincia
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